STUDIO MAFFEI MILANO | Exibart


A lezione da Pino Spagnulo
16 / 05 / 2011

La mostra Giuseppe Spagnulo | Corrado Abate dello Studio Maffei Milano mette in scena un dialogo intergenerazionale e lancia un importante messaggio ai giovani artisti “malati” di arte...A poche centinaia di metri dall'ex fabbrica Richard Ginori, che fino al 1986 è stata la casa della ceramica e della porcellana; in un'ex officina metalmeccanica di una vecchia area industriale, sorge oggi uno spazio creativo che ha fatto dell'urban style il suo punto di forza. Varcando la soglia, un'altra caratteristica balza agli occhi: i fregi che adornano le pareti scrostate sono residui della mostra Urban Edge Show del 2005, retrospettiva degli ultimi 30 anni di storia dell'arte urbana. Ceramica, officina, acciaio e spazio urbano sono tutti elementi che contraddistinguono in modo essenziale l'universo artistico di Giuseppe Spagnulo (Grottaglie, 1936), definito dal critico Philippe Daverio "tra i cinque artisti più importanti in Italia”. La mostra dello Studio Maffei Milano Giuseppe Spagnulo|Corrado Abate non è solamente un confronto tra "due artisti diversi e allo stesso tempo simili", ma un dialogo intergenerazionale. "Il confronto con un artista giovane è sempre positivo - sottolinea Spagnulo - si potrebbe definire, più che un confronto, una collaborazione. Un artista con il quale si intraprende un'avventura espositiva diventa un po' un compagno di viaggio e accompagnarsi ai giovani rende sempre i viaggi allegri". Se l’artista pugliese – poco più che ventenne – venne accolto con lo stesso entusiasmo negli studi di Lucio Fontana e Arnaldo Pomodoro; ai giovani scultori è offerta l'occasione di dialogare con un artista che ha fatto della scultura il suo luogo d’elezione. In una piccola stanzetta, che fa da spartiacque tra le due sale principali, sono accostati i lavori dei due artisti: Vuotando me (Omaggio a Spagnulo) e Balbec. 
Da una parte, un tronco è stato svuotato della sua sezione interna dalla potente lama di una motosega; dall'altra, due cilindri di acciaio sono uno in piedi e l’altro a terra, anch’essi ricavati tirando fuori il nocciolo. Nonostante i due artisti partano da posizioni diametralmente opposte, l’accostamento riesce e ciò che emerge è il poverismo del materiale e la forza del gesto. La materia lacerata, dilaniata o trafitta da chiodi e punteruoli, riporta le mura di questo antico spazio industriale al loro passato di officina. Il carro ponte che attraversa il percorso espositivo, e il gancio che è sospeso alla puleggia restano immobili e silenti. Non vi sono tubi, putrelle o billette da sollevare, ma piccoli ferri e maquette in ceramica adagiati al suolo oppure appoggiati su un ripiano; o ancora, piccoli blocchetti in legno trafitti da elementi metallici. Quest’antica fucina di Vulcano offre un contesto ideale, importante quanto il gesto artistico.
Spagnulo a partire dagli anni ’70, entra in officina e forgia le proprie opere con gli operai; Abate, fin da ragazzo, sperimenta la mescolanza di materiali nel mobilificio del padre.  Il legno è per Corrado Abate (Biella, 1977) il suo alter ego e il ferro, un agente violento. L'acciaio e la ceramica sono per Pino Spagnulo "materiali simili anche se molto diversi nella loro sostanza". "Sono simili - spiega l’artista - perché entrambi possono essere plasmati con la forza del fuoco; entrambi sono materiali grezzi, poveri nel senso di amorfi: un pezzo di marmo è bello anche da non lavorato e m'incute un certo grado di rispetto della sua eleganza innata; la ceramica e l'acciaio sono informi e non certamente belli per se stessi perciò invitano all'intervento".
L'avventura espositiva non solo offre uno spaccato della produzione artistica di Spagnulo ma va oltre, e spalanca a un giovane e promettente artista, ricorda il gallerista Luca Maffei, la porta principale per accedere al mondo della scultura italiana. 
Una mostra museale che, accostando liberamente due generazioni, lancia un messaggio importante, rivolto ai giovani artisti. "Ai giovani - dice Spagnulo - a rischio di sembrare paternale, esorto al lavorare, a scavare nelle proprie menti, ad arrovellarsi. La creatività e l'arte sono due cose ben distinte: molti, quasi tutti hanno un certo grado di creatività. Creatività vuol dire anche saper cucinare, avere un certo gusto nel vestirsi. L'arte è un'altra cosa. L'arte è malattia, ossessione. Sarà mica creativo il gesto di Fontana sulla tela? Quante volte l'ha ripetuto? E' artistico, non creativo. La ripetizione continua alla ricerca di un qualcosa di cui spesso se ne ha solamente un'intuizione e che non si riesce nemmeno a spiegare, questa è una forma d'arte. I giovani devono lavorare, tanto, molto e intensamente per capire se sono "malati" o no. 
E sembra che Corrado Abate abbia il "febbrone”. 

Irene Falck