CONCRETE UNIT #2
22.01 - 19.02_2014
“sulla violenza del tormento nella bellezza”
La tensione emotiva percepita nella poetica narrativa dell’opera d’arte, viene evocata dalla crudezza del rapporto causa-effetto presente nelle installazioni monumentali di Abate e nella ricerca metodica della purezza delle fotografie di Osio. Questi sono i linguaggi, lineari e interscambiabili, scelti per analizzare e rappresentare tre concetti essenziali dell’arte: tormento, violenza e bellezza; poiché colpiscono profondamente per la loro immediatezza, continua e intensa.
L’afflizione dell’anima, provocata da un sentimento che rode con insistenza, è spesso la condizione che spinge l’artista verso la ricerca di una soluzione che, se esternata con sapienza tecnica e sentimento, dà vita all’opera d’arte. Il tormento non è solo dolore e disagio, ma può anche essere uno stato di profondo raccoglimento e riflessione, quasi arrovellamento, su un concetto, un’idea; e come per un nodo stretto da sciogliere, solo un gesto forte e improvviso può essere liberatorio. La violenza con la quale l’energia creativa dell’artista si sprigiona e risolve il tormentato processo d’incubazione, dà vita all’opera d’arte e spesso, parlando una lingua universale che supera ogni differenza culturale, arriva a toccare le intime corde del percepire umano. Non è solo forza distruttiva, ingiustificata provocazione e volgarità la violenza è l’intensità e l’essenzialità di un messaggio che va dritto al punto, senza dolcificanti, senza retorica. Il punto di contatto tra la semplicità nel dare una forma all’idea artistica e la potenza nel comunicarla fa brillare la scintilla della bellezza. Il giudizio sulla piacevolezza estetica di un’opera è senza dubbio condizionato da un punto di vista soggettivo, ma la bellezza non è solo il gradevole alla vista, ma è piuttosto una sensazione di rispondenza alle leggi che regolano l’Universo e di consonanza all’armonia soprannaturale, che si sprigiona dall’opera d’arte.
Quando l’interlocutore, di fronte all’opera d’arte, si sente in contatto con le energie più profonde che regolano il Mondo, l’artista è riuscito a rendere globale il suo linguaggio artistico perché arcaico, e ad usare un alfabeto atavico che si ascolta con l’anima.
Il progetto nasce ad Istanbul dove gli artisti, lontani dal proprio contesto d’appartenenza, si sono spogliati delle proprie abitudini, convinzioni e convenzioni per ritrovarsi vergini e liberi di lasciarsi vestire dei panni locali, senza però rinunciare a un atteggiamento dialettico che creasse un confronto di idee.
Lo scopo del progetto è investire l’artista di un ruolo interlocutorio verso una cultura nuova e diversa, lasciando che il proprio lavoro sia influenzato e ispirato ideologicamente, ma anche concretamente nella sua realizzazione. In ogni tappa scelta per Concrete Unit gli artisti hanno l’opportunità di crescere mettendosi in gioco e utilizzando nelle proprie opere un linguaggio contaminato e barbarico, non più inteso come sinonimo di inciviltà, ma piuttosto come definizione di una forma mentis libera da vincoli e senza confini di appartenenza culturale.